lunedì 1 novembre 2010

Fornasari Gruppo B - i mostri sono tornati


"Gruppo B" è un'espressione che anche a vent'anni e più di distanza fa emettere sospiri di nostalgia agli appassionati di motori. Del resto come dimenticare le gesta di Rohrl, Vatanen e compagnia alla guida delle varie Audi Quattro, 205 T16, Delta S4 ecc? Non si può, ecco tutto.
Devono pensarla così anche alla Fornasari, piccola factory in provincia di Vicenza, se hanno avuto il fegato di costruire un mostro del genere. Un attimo, puntualizziamo una cosa importante: la Gruppo B non è un'auto da corsa. Avrà la targa e potrà circolare liberamente sulle strade nostrane e impastarsi liberamente sugli alberi nostrani.
Lo so che state pensando che quest'auto è una tamarrata bestiale e che non andreste mai in giro con quella che sembra una media tunizzata da qualche pseudo rapper con poco senso del pudore. Ma se vi dicessi che questo mostro ha un telaio tubolare e una carrozzeria in carbonio e kevlar, trazione integrale e un ordigno a otto cilindri da sette litri che sviluppa da 600 a 700 cavalli beh, credo che quel sorriso di sufficienza vi scomparirebbe immediatamente dal viso.
Alla Fornasari dicono che è possibile averla anche con potenze superiori, basta chiedere - e pagare, non si sa mai che 700 cavalli su un'auto dal passo così corto dovessero sembrarvi pochi.
Questa follia fa lo 0-100 in tre secondi e otto decimi e la velocità massima è limitata elettronicamente. 
A 280km/h.
Il resto della storia non ve lo posso raccontare perchè sembra coperto dal segreto di stato: non un video su you tube, non una foto degli interni, del prezzo non se ne parla da nessuna parte. Non so nemmeno se questa belva a quattro ruote sia solo un prototipo o se è già in produzione. Al sito della casa produttrice lasciano intendere che lo sia, quindi se vi interessa beh, fatevi sotto!

Retrospettiva - parte prima

 Ripensandoci mi sono reso conto di essermi affezionato a tutte le auto che ho guidato in questi anni, un po' come ci si affeziona ai vecchi amici. E a loro, le mie compagne di strada che mi hanno portato in giro negli anni, voglio dedicare questo post.


La piccola 126 rossa è stata la prima auto che ho guidato in assoluto (quella in foto non è la mia ma è praticamente identica). Ricordo che da piccolo gli incollai uno stemma col cavallino rampante dicendo agli altri bambini che avevo una ferrari. Loro, però, non la bevvero mai. 
La prima volta che ci salii dal lato del conducente avevo 13 anni e un po' di fifa: anche se oggettivamente non era certo una belva era comunque più veloce di qualsiasi cosa avessi mai guidato (ovvero della bici, all'epoca non avevo nemmeno il motorino). Di lei ho tanti ricordi: lo sterzo dalla corona sottilissima, il tachimetro con la lancetta ballerina e sopratutto le due levette sotto il freno a mano, una per chiudere l'aria e l'altra per avviare il motore - alla faccia di chi pensa che il motore che si avvia col pulsante sia un'invenzione moderna. Il piccolo bicilindrico ad aste e bilancieri - uno degli ultimi montati su una fiat - faceva il suo lavoro frullando allegramente alle mie spalle, e questa è una sensazione che non ho più provato, dato che le case automobilistiche - per quanto riguarda le auto normali, ovviamente - si sono fissate cocciutamente che il motore deve stare per forza davanti. Ah, il pedale dell'acceleratore era incernierato alla base come sulle sportive vere e lo scarico scoppiettava ad ogni cambio marcia. Purtroppo i miei la rottamarono poco dopo aver preso la patente, quindi mi dovetti accontentare - e ci tenevo molto - di guidarla per l'ultima volta nel suo ultimo viaggio, fino allo sfascio.


La Uno Cs. O per meglio dire, la "freccia d'argento", come la chiamavo scherzosamente un po' per il colore (grigia come quella in foto) un po' per ironizzare sulle prestazioni non certo esaltanti. Questa è stata la mia prima auto, la prima che ho guidato regolarmente per un paio d'anni, prima che un malore alla pompa di benzina stroncasse la sua esistenza con più di 250000 chilometri all'attivo. Quest'auto, come potete immaginare, era estremamente spartana: lo sterzo era pesantissimo, i finestrini si aprivano con la manovella e non c'era nemmeno la radio. Supplii alla mancanza mettendo sulla plancia la mia vecchia radio che usavo a casa, perchè lo spazio no, quello non mancava di certo. La soluzione però durò poco perchè le vibrazioni furono letali per la radio, che ovviamente non era stata progettata per stare sulla plancia di una macchina ma su una scrivania.
Anche il comportamento stradale non era granchè: il motore faceva un rumore simile al lamento di un ermellino che viene scuoiato vivo per trasformarlo in una pelliccia, lo sterzo era mostruosamente impreciso e il cambio grattava se non lo si trattava con una delicatezza estrema. La frizione richiedeva polpacci da culturista (che io non ho mai avuto) e i freni erano modulabili come l'interruttore di una lampadina.
D'altro canto, però, era solida come una roccia: le sospensioni progettate per il brasile degli anni ottanta si facevano beffe delle buche nostrane e la carrozzeria non si scalfiva nemmeno prendendola a martellate. 
Obiettivamente non era granchè, però la piccola uno mi è rimasta nel cuore perchè è stata quella con cui ho imparato a guidare e con cui per i primi tempi ho messo a rischio la mia vita e quella delle persone che mi stavano accanto.


Michelle, la mia Saxo, l'auto che nonostante tutto non smetterò mai di rimpiangere. Ci tenevo talmente tanto che poco prima di rottamarla misi su you tube il video che vedete qui sopra. Potrei stare ore a spiegarvi perchè Michelle mi è rimasta nel cuore, ma cercherò di evitare di parlarmi addosso per troppo tempo. Con il suo colore grigio canna di fucile integrale (integrato dallo strato di polvere e fango accumulato in anni di logorante servizio) e il casino che faceva il motore sembrava uscita da un film di Mad Max, e di questo ne andavo particolarmente fiero. 
Gli interni mi piacevano tantissimo, mi piaceva lo sterzo a due razze come da miglior scuola francese, mi piaceva la plancia asimmetrica, mi piaceva il fatto che ci fosse un tastierino numerico davanti al cambio su cui digitare la combinazione per avviare il motore. Mi piaceva, sopratutto, il fatto che nonostante il motore avesse solo 60 cavalli Michelle fosse molto divertente da guidare. E questo perchè era estremamente comunicativa. In ogni momento sapevi quanto grip rimaneva ad ogni ruota, e quanto e come sarebbe sbandata una volta esaurite le riserve di aderenza. 
Questo mi portava a guidare quasi sempre al limite e spesso anche oltre il limite, anche se questa abitudine mi costò una volta un terrificante testacoda su un ponte altissimo, con tanto di gigantesco camion che veniva dal lato opposto. Mi fermai terrorizzato di traverso sulla strada guardando il precipizio davanti a me oltre il fragile guard rail. E improvvisamente mi colse la consapevolezza del fatto che se avessi colpito il guard rail l'avrei sfondato, avrei fatto un volo di una trentina di metri e sarei morto. Ma quella volta fu un errore mio, lei non c'entra.
Ho perso il conto di tutte le volte in cui mi sono trovato uno spiazzo libero e mi sono divertito a farla sovrasterzare rilasciando di botto l'acceleratore o tirando il freno a mano. Michelle era il mio giocattolo preferito e il mezzo che mi ha portato a zonzo per mezza sicilia per 4 anni, fino a quando anche lei se ne è andata a causa di guasti multipli e continui. 
L'unico difetto serio era che consumava come una Murcielago, l'indicatore di livello della benzina andava giù a vista d'occhio come se avesse avuto il serbatorio sfondato, ma - e lo so perchè l'ho pure fatta controllare una volta - non era così. Non ho mai capito come mai consumasse così tanto, ma in fin dei conti non me ne fregava nulla, lei non la dimenticherò mai.

sabato 30 ottobre 2010

Guidare ubriachi e senza patente. Sì, si può fare.


per favore non fatevi sviare dalla brutta immagine che vedete, lo so che è deprimente, ma l'articolo è interessante e più in basso si parla mezzi molto più intriganti dell'oscenità qui sotto


La bicicletta elettrica è senza dubbio una trovata geniale: niente bollo, niente targa, niente casco, niente soldi spesi per il carburante, niente patente. Detta così sembra quasi una favola, eppure è tutto vero. Una bici elettrica ha prestazioni più vicine ad una bici vera e propria che a un ciclomotore tipo i vecchi "Sì", "Bravo" ecc, ma è in grado tranquillamente di trasportare una persona dal punto A al punto B di una città senza spendere nè un euro nè una caloria (altrimenti sarebbe come una bici normale).
In più è l'unico mezzo di trasporto privato - a parte il più scomodo e ingombrante calesse con tanto di asino attaccato - che permette di andare al bar, alzare il gomito fino al limite del coma etilico e tornare a casa, senza preoccuparsi di sgraditi incontri con le forze dell'ordine. Magari rischiando la vita, sì, ma non la patente e la grana.
Detta così la bici elettrica dovrebbe spopolare tra la nostra gioventù squattrinata e alcool-friendly. 
Invece in giro se ne vedono pochissime, e per di più guidate quasi sempre da attempati vecchietti a cui per qualche ragione - molto plausibile, di solito - è stata sottratta la patente.
Il motivo principale è che a controbilanciare i vantaggi delle elettrobici (come direbbero i futuristi) ci sono altrettanti svantaggi. 
Il primo è il design: va bene che non bisogna pretendere troppo, ma la maggior parte delle bici elettriche sembrano disegnate dagli stessi stilisti che progettano sedie a rotelle, il che non è esattamente un complimento. 
Inoltre, l'autonomia è di solito scandalosamente bassa: una cinquantina di chilometri non permettono di usarle per passeggiare tranquillamente, ma solo di usarle come mezzo di trasporto per andare a lavorare.
Chissà perchè poi nelle pubblicità dicono sempre che sono buone "per andare a lavorare", e mai ad esempio "per andare a prendere il caffè da un amico"? Risposta: il design è così deprimente che è impossibile associarle a qualcosa di gradevole.
In terzo luogo la legge italiana - come al solito - è decisamente assurda: le bici elettriche se non sono a pedalata assistita sono equiparate ai motorini, ovvero ci vuole di nuovo la targa, il bollo, il casco e, sopratutto, non si possono guidare dopo aver bevuto. Quindi tanto vale avere uno scooter tradizionale, che almeno va più forte ed è più comodo e divertente da guidare.
In realtà, nella maggior parte delle bici elettriche si può passare dalla modalità "pedalata assistita" - che la equipara a una bici - a quella "va da sola" - che la equipara ad un ciclomotore - semplicemente tirando una leva, ma la sensazione di fare qualcosa di illegale è comunque un deterrente, tanto più che l'eventualità di grane con i puffi non è poi così remota.
E questo discorso sulla pazza legge italiana ci porta alla seconda parte del nostro discorso:


Rifatevi gli occhi dopo la vista della mostruosità all'inizio dell'articolo: questo oggetto dalla bellezza commuovente è costruito dalla Phantom Bikes, ovviamente negli stati uniti. Come potete vedere invece dell'insulso motore elettrico questa ha un vero motore a scoppio da 50cc, che fa schizzare in alto l'autonomia portandola a circa 200 chilometri. La potenza è di circa un cavallo, quindi le prestazioni sono comunque più da bicicletta che da ciclomotore...facciamo da bicicletta con un buon ciclista, ok?
Quello che impressiona però è la bellezza, il fascino che emanano, il rumore old-style che producono e la cura maniacale dei dettagli. Se le nostrane bici elettriche servono per andare a lavorare queste servono per andare a trovare la bellissima fidanzata che è appena arrivata in treno dall'entroterra americano (la "Woody" sopra) o, come la "Mp" qui sotto, per raggiungere l'aereo da guerra con cui difendere eroicamente la gloria della nazione - vabbè, magari più che altro per massacrare migliaia di civili inermi, ma era solo per dire.


In america sono classificate come "Moped", per cui potete guidarle senza casco e, in alcuni stati, anche senza assicurazione. Resta da capire se si possono guidare anche da sbronzi, ma se la risposta fosse affermativa questa sarebbe la soluzione a tutti i problemi di mobilità urbana che ci affliggono quotidianamente. Ad ogni modo, indipendentemente da quello che fanno gli americani, se le bici a motore - a scoppio, chi se ne frega dell'elettrico? Tanto il litio delle batterie inquina più dei gas di scarico - fossero equiparate alle normali biciclette come un tempo, e se fossero belle come queste Phantom Bikes, ne venderebbero a migliaia e io sarei uno dei primi a procurarmene una.

giovedì 28 ottobre 2010

Le riedizioni che vorrei

L'articolo sulla Melkus mi ha fatto venire un'idea. Spesso capita di voltarsi indietro (metaforicamente) e rendersi conto che alcune idee geniali sono state inspiegabilmente accantonate dalle case produttrici. O per meglio dire, sono state accantonate perchè troppo ardite per la massa e quindi con poco successo, o perchè presso il volubile popolo degli automobilisti sono semplicemente passate di moda.
Tuttavia devo fare una precisazione: una riedizione per me è un modello che riprende la filosofia e l'impostazione tecnica di uno precedente, portandola avanti e aggiornandola. Il New Beetle, la Mini e la 500 non sono riedizioni, sono solo operazioni di marketing. Anzi, forse la 500 no, ma solo adesso che c'è di nuovo il bicilindrico, anche se nel posto sbagliato.
Ecco alcuni modelli che vorrei rivedere in produzione - ovviamente aggiornati - e che purtroppo resteranno solo nel miei sogni.

Fiat X1/9



Anni prima che la Lotus Elise diventasse l'icona che è la Fiat presentò questa piccola e agguerrita roadster che spopolò nei rally nostrani. La ricetta per fare auto stupende da guidare in fondo è semplice: poco peso, motore centrale, potenza quanto basta. Marchionne, che aspetti a rifarla?

Ferrari Mondial Cabrio



Chi mi conosce sa che non sono un grande amante delle Ferrari. Non fraintendetemi, sono auto straordinarie che tutto il mondo ci invidia, ma il loro essere spudoratamente nazionalpopolari me le rende intrinsecamente antipatiche. Per capirci: l'italiano medio vede una Mc Laren F1 e dice "sì bella, certo però che la ferrari...". Questo non è patriottismo, è ottusità. 
Ad ogni modo ce n'è una che fa eccezione: la Mondial Cabrio. Incompresa proprio perchè unica ed originale, la Mondial è tutt'ora l'unica cabrio a 4 posti e motore centrale mai prodotta. E se non è piaciuta beh, chi se ne frega? Se la rifacessero e avessi abbastanza grana (soldi, non formaggio) la comprerei di corsa.

Citroen Mehari



Come prima auto è inutilizzabile, ok. Ma chi non ha mai sognato di andare al mare con una di queste alzi la mano. In alternativa con molto spirito d'avventura si potrebbe usare per fare il giro del mondo: il suo essere lenta, scomoda e rumorosa renderebbe le cose più interessanti. Ad ogni modo sarebbe bella una riedizione, magari con la carrozzeria in lamiera e non in plastica - e magari con un piccolo motore diesel con appena una manciata di cavalli -, ma sempre con la capote in tela e pochi fronzoli, per gustarsi il panorama in tranquillità col vento tra i capelli.

Melkus Rs 1000



La sportiva sovietica è un'auto che adoro a cui ho dedicato un articolo da poco. Ma, direte, di questa una riedizione c'è. E io rispondo che non è vero, c'è un'auto che costa un putiferio e che porta lo stesso nome ma che non ha niente a che vedere con la Melkus originale. Io la vorrei più leggera, con un motore piccolo e che gira in alto, possibilmente a due tempi come il vecchio, o al massimo un rotativo come quello della Rx-8. E che non costasse come una 911, possibilmente.

Dare Ginetta G4


Signori e signore, ecco a voi la Dare Ginetta G4. Perchè ve ne parlo? Perchè questa è l'auto migliore che possiate mai avere. Pensateci: è semplicemente perfetta.
Volete passeggiare godendovi una giornata di sole? Tirate giù la capote e fatevi un giro. 
Dovete fare una commissione in città? Questa la parcheggiate facilmente come qualsiasi utilitaria. 
Volete ascoltare buona musica mentre guidate? Non c'è problema, basta pestare un po' sull'acceleratore.
Primo appuntamento con una fanciulla? Lei impazzirà vedendovi arrivare su una di queste.
Cosa vi serve di più? Ah, ovviamente quando volete potete fare mangiare la polvere alla maggior parte delle altre auto in circolazione. Perchè questa G4 non è solo bella e affascinante, ma è anche piuttosto veloce: i 100 km/h arrivano in 5.8 secondi, e con 640 kg di peso in una strada tortuosa quasi nessuno riuscirà a starvi appresso. Certo se volete osare ancora di più vi potete procurare una Caterham, ma quello è un giocattolo da guidare sempre con il coltello tra i denti, con questa potete fare tutto quello che fareste con un'auto normale.
So cosa state pensando: e se si rompe? Devo andare in inghilterra a farmela riparare? No, perchè sotto la pelle la G4 monta un moderno ford zetec 1.8 da 130cavalli, per cui i pezzi di ricambio si trovano ovunque. E poi, se avete mai avuto una Ford sapete quanto siano affidabili questi propulsori.
Certo, ci sono tante cose che non ha, ma dopo poco vi accorgerete che non ne avevate per nulla bisogno.


Ad ogni modo, una Ginetta non si sceglie non si sceglie con la testa, non la comprate perchè è bella, veloce, relativamente pratica ecc. Quindi dimenticate tutto quello che vi ho detto fino ad ora e chiudete gli occhi.
E' una domenica di giugno, il sole inizia a fare capolino da dietro l'orizzonte inondando tutto di una luce dorata. Sono le sei di mattina e l'unico suono che si sente è il silenzio della città addormentata. La G4 è ferma davanti alla porta di casa che vi aspetta impaziente. Non vi resta che accendere il motore, spegnere il cellulare e per qualche ora sarete soli: voi, la vostra Ginetta e il cielo azzurro.



p.s.: spero di avervi convinto. Compratela, così continueranno a produrla e quando avrò i soldi necessari ne potrò avere una anch'io.

E adesso, per chiudere in bellezza, un video dedicato a lei, con la prova su strada della vecchia versione e della nuova. Enjoy!




mercoledì 27 ottobre 2010

C'era una volta la Melkus


Molto probabilmente non avete mai sentito parlare della Melkus, e sinceramente fino a qualche tempo fa nemmeno io sapevo nulla circa questa strana auto.
Presentata nel 1969, la Melkus Rs 1000, con una linea a metà tra una Ferrari Dino e una Lambo Miura in scala ridotta, era quanto di meglio si poteva desiderare rimanendo all'interno dei confini dell'unione sovietica. Sì, non ci voleva tanto, è vero. 
Ad ogni modo: leggera come una piuma e piuttosto piccola la Rs 1000 in realtà si avvicinava - come filosofia costruttiva - più ad una Lotus che ad una Ferrari o ad una Lamborghini. Sviluppata a Dresda dal pilota della DDR Heinz Melkus, la Rs 1000 montava un motore proveniente da un'auto tutt'altro che sportiva. Questa:


La Wartburg 353, equipaggiata con un motore tricilindrico a due tempi da un po' meno di 1000cc. La 353 è ritenuta la sorella maggiore della più famosa Trabant, di cui non è rimasta traccia nell'immaginario collettivo a causa della sua linea decisamente poco simpatica. Ad ogni modo, Heinz Melkus prese il motore dell'oscena berlina qui sopra, lo elaborò fino alla stratosferica potenza di 70cavalli (88 nella versione successiva) e lo infilò in un telaio tubolare, comprensivo di roll-bar e coperto da una carrozzeria in vetroresina. La configurazione era quella classica delle sportive purosangue: motore centrare longitudinale e trazione posteriore. Zero-cento in dodici secondi e 165 km/h di velocità massima sono numeri che fanno sorridere, ma grazie alla corretta distribuzione dei pesi e al fatto che i chili erano piuttosto pochi, l'auto era divertente da guidare e decisamente agguerrita tra le curve se si riusciva a tenere il motore su di giri.
Girando per la rete ho trovato un video, purtoppo in tedesco, in cui però si sente ben chiaro il sound del motore. Il che è sconvolgente perchè assomiglia a quello del Cagiva Mito che tutti desideravamo da ragazzi.


Ad ogni modo, qualche tempo fa la Melkus è risorta in una nuova veste, decisamente più moderna e meno affascinante. La nuova Rs 2000 monta un motore di origine Toyota da 1800 cc e 270 cavalli che la spinge fino a 260km/h e le permette di raggiungere i 100 all'ora in 4.9 secondi. Sì, è veloce e moderna, ma con 117000euro è anche bestialmente cara per quello che offre...e non è nemmeno tanto bella, lato b a parte.



Tuttavia, l'idea di una sportiva ultraleggera, schiacciata a terra e con un motore piccolo e assetato di giri continua ad intrigarmi. Per fortuna che ci pensano gli inglesi con le loro Lotus, Caterham e Brooke a portare avanti questa filosofia.

Fiat: nuova Uno sporting, solo in brasile purtroppo






Ho letta la notizia della presentazione della nuova fiat Uno Sporting e della Cabrio su autoblog. Ovviamente solo in brasile, e ovviamente con tanto di commenti dei soliti fighetti da quattro soldi che sputano su tutto quello che non ha la connessione per l'I-pod e a cui non si può attribuire l'aggettivo "glamour". D'altronde la madre degli idioti e sempre incinta e sembra che in questi tempi si stia dando da fare più che mai.
Ad ogni modo, lasciamo i radical-chic a cuocere nel loro brodo insipido e parliamone: a me la Uno sporting piace. Mi piace il fatto che non l'abbiano presentata con il solito grigio fumè ma con questo appariscente arancione, mi piacciono gli interni spartani e la linea suvvosa con tanto di pneumatici a spalla alta. Il motore? Un millequattro aspirato da 85 cavalli, decisamente old-school, quella old-school anni novanta che non è ancora abbastanza old da diventare vintage, grazie al cielo. A chi storce il naso lo voglio ricordare: questa è sporting, non è abarth. Il che tradotto significa che quest'auto non serve a bruciare lo 0-100 nel minor tempo possibile, o per fare il tempo in pista. E nemmeno per fare il figo al bar. 180 cavalli e sospensioni spaccaossa non servono a nulla sulle disastrate strade brasiliane, e nemmeno sulle disastrate strade italiane - almeno in certe zone: quest'auto serve per prendere le buche a tutta velocità e per fare il cretino sulle strade sterrate, e per questo la adoro, e la comprerei. Anche se non ha la connessione per l'I-pod.